Ci sono giorni in cui non mi riconosco. Mi guardo allo specchio e vedo un corpo che non è più quello di ieri e forse nemmeno quello di stamattina… eppure è sempre il mio.

Un corpo che cambia, che sente tutto: il tempo, gli sbalzi d’umore, le tensioni, l’amore, la stanchezza. Non giudico, ascolto. Il primo ciclo e muto, spaesata, quasi tradita, anche un po’ fiera: tocca a me, ora posso creare. Non so davvero cosa voglia dire, ma dentro qualcosa cambia per sempre. Le mie fasi come quelle della luna. A volte luminosa, a volte buia, mai vuota. La maternità, sei prima una cosa, poi un’altra: lasci che l’esistenza ti riscriva da capo. Ti modifichi, il cuore si espande, l’identità si frantuma e si ricostruisce. In menopausa la donna ha una voce diversa. Germoglio, fiore e poi terra fertile di esperienza. Una ciclicità che non finisce mai e che mi lega profondamente alla Terra.

Alla Vita stessa. Attraverso rotture che mi lasciano a pezzi. Giorni in cui penso di non rialzarmi mai più, non ho più voglia di amare, di fidarmi, di aprirmi. Qualcosa tuttavia comincia sempre a rifiorire. Sempre. Come se fossi programmata per ricominciare, anche quando non ci credo più. Mi sento viva e rinasco, anche dopo aver toccato il fondo. E’ sacro questo continuo trasformarmi. Forse Dio ha un volto più vicino a quello di una donna che di un uomo.

La donna accoglie, plasma, nutre. Non è questo il divino: generare, proteggere, lasciare andare e poi ricominciare?

La vita stessa è energia femminile: prende, stravolge, insegna. Ama e poi lascia, dando sempre un’altra possibilità. Nelle antiche culture, la donna era vista come intermediaria tra il cielo e la terra. Dea, madre e sciamana. Colei che conosceva i ritmi della natura, che li viveva nel proprio sangue. Oggi la società tende a dimenticare questa connessione profonda, ma essa continua a esistere sotto la superficie, come un fiume carsico. Essere donna è sentire tutto e vivere tutto, anche quando fa male. E poi, nonostante tutto, ritrovarsi. Ogni volta diversa, ogni volta vera.

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