Nel regno animale può vantare diversi primati. Ė il predatore dotato di denti più grande al mondo. E il suo cervello, che arriva a pesare otto chili, è il più grande tra gli animali.
D’altra parte, quell’enorme massa è custodita da una gigantesca testa, fino ai 5 metri di lunghezza, corrispondenti a circa un terzo dell’intero corpo del gigante, a giustificarne l’epiteto “macrocephalus”, che completa il nome scientifico la cui prima parte, Physeter, identifica il genere di cetacei di cui è rimasto l’unico rappresentante, come pure della famiglia dei Fiseteridi. Il nome comune più noto e utilizzato di Capodoglio, invece, fa riferimento a un’altra sua caratteristica peculiare: la presenza, sempre nella testa, di una sostanza oleosa, lo spermaceti, che era stata, in passato, all’origine della caccia spietata che lo aveva reso preda in tutti i mari del mondo, prima di essere vietata a livello internazionale nel 1985, quarant’anni fa.
Il grande mammifero marino, che può vivere fino a sessanta/settant’anni, abita il pianeta blu quasi ovunque. Compreso il Mediterraneo, dove vive una popolazione specifica, ridotta nel numero degli esemplari, stimato intorno ai 2500, che è perciò considerata vulnerabile. In particolare, i capodogli sembrano prediligere la parte occidentale e centrale del bacino e sono presenti anche nei mari italiani. Vivono nel Mar Ligure, dove sono tra le specie tutelate nel Santuario Pelagos; nei golfi di Gaeta e di Napoli, tra le Isole Pontine e Flegree; nel Mar Ionio e intorno alla Sicilia, mentre nell’Adriatico gli avvistamenti sono sporadici. Il capodoglio, infatti, ha bisogno di grandi profondità e frequenta le zone costiere, anche intorno alle isole, solo dove trova canyon profondi o dove la piattaforma continentale si inabissa bruscamente.
I capodogli, infatti, si immergono solitamente oltre i cinquecento metri e si spingono fin oltre i duemila, potendo affrontare anche lunghe apnee, altra peculiarità fondamentale rispetto agli altri mammiferi marini. Se normalmente riemerge in superficie per respirare in media ogni 45 minuti, può restare immerso anche per due ore. Resta in apnea anche durante le fasi del riposo, quando si posiziona in verticale con la grossa testa verso la superficie, fluttuando a bassa profondità.
A spingerlo nelle profondità marine è la ricerca del cibo. I capodogli, che sono cetacei odontoceti, dunque provvisti di denti, si nutrono di cefalopodi, in generale, e di pesci, ma la loro dieta è composta prevalentemente dai calamari giganti che trovano proprio ad alte profondità. Lì, negli abissi, il cetaceo si rivela abilissimo predatore, in grado di catturare anche i calamari giganti che possono superare i dieci metri. Dalle lotte ingaggiate con le prede, che utilizzano le loro grandi ventose per difendersi, derivano alcuni dei segni che restano evidenti sui loro corpi per tutto il resto della vita.
I giganteschi corpi, che nei maschi adulti raggiungono i 18 metri per 57 tonnellate e nelle femmine i 12 metri per 24 tonnellate, sono interamente grigi con una parte bianca intorno alla bocca. Ma progressivamente, con l’avanzare dell’età, su ogni corpo si distinguono sempre più numerosi i segni bianchi lasciati dalle cicatrici provocate dalle prede o dai violenti combattimenti tra i maschi, in cui i vari esemplari utilizzano i denti. Quei segni, che rendono ogni esemplare unico e riconoscibile, sono utilizzati dai ricercatori per la fotoidentificazione, grazie alla quale sono possibili attività di censimento, monitoraggio degli spostamenti, studio dei gruppi sociali. Altro elemento identificativo, giacchè presenta particolarità diverse per ogni individuo, è la pinna caudale triangolare, che l’animale tira fuori dall’acqua prima di tornare a immergersi dopo la respirazione di circa otto minuti. Segnalata, questa, dal caratteristico soffio, obliquo e irregolare, che arriva emette dallo sfiatatoio posto all’estremità della parte sinistra della testa.
I capodogli presentano una struttura sociale matriarcale con gruppi stabili, formati da una decina di femmine, a cui si accompagnano i piccoli e i giovani. Quando, tra i 18 e i 21 anni i maschi raggiungono la maturità sessuale, si allontanano dal gruppo materno e con altri maschi formano gruppi di scapoli che si muovono su lunghissime distanze negli oceani, spingendosi sulle tracce delle prede fin nelle acque fredde ai limiti delle zone polari. I maschi tornano nelle acque più calde, dove vivono invece stabilmente le femmine con i piccoli, solo nella stagione della riproduzione, in estate, e vi restano solo per il tempo necessario all’accoppiamento. La maturità sessuale per le femmine è tra i 7 e i 13 anni; partoriscono un solo piccolo ogni quattro/sei anni, dopo una gestazione della durata tra i 14 e i 16 mesi. Quando viene alla luce, il cucciolo raggiunge già la ragguardevole lunghezza di quasi cinque metri per 500/800 chili di peso. L’allattamento può durare da uno a tre anni, anche dopo lo svezzamento. Per difendere i cuccioli dai pericoli, le femmine si dispongono intorno a loro in una peculiare formazione a margherita, con le grandi teste (o a volte le code) verso l’interno.
La comunicazione tra i vari individui e all’interno dei gruppi sociali avviene con un sistema molto complesso di suoni a impulso, di fatto un sonar, che comprende anche i tipici click, grazie ai quali gli animali sono in grado di orientarsi anche alle maggiori profondità, di ecolocalizzarsi e di identificare le prede ed eventuali pericoli.
Per secoli, soprattutto nell’800, i capodogli sono stati cacciati ovunque, per trarne l’olio allora utilizzato per le lampade e produrre candele, ma anche per l’avorio dei denti. Con il blocco della caccia, avendo pochissimi predatori naturali come le orche, l’uomo con le sue attività in mare (come i cavi transoceanici) resta la principale fonte di rischio per la specie, valutata come “vulnerabile” dalla IUCN e destinataria di varie azioni di tutela a livello internazionale.